RIPENSARE TRIESTE DAI SUOI MARGINI

La periferia di Trieste è stata piuttosto vitale fino alla fine degli anni sessanta. C’erano tutti i presupposti perché dilatasse i suoi lembi esterni verso le zone ancora poco abitate e quelli interni penetrassero invece spontaneamente nel centro cittadino. Ma non è accaduto. Al contrario, si è contratta, svuotata, è diventata ancora più periferia: negozi abbandonati, edifici degradati e lasciati all’entropia, scarsa o nulla manutenzione, diradamento del verde pubblico e dei servizi.

Da una parte tutte le leggi e disposizioni punitive nei confronti delle piccole attività, dall’altra la concessione di spazi sempre più ampi alla grande distribuzione e ai centri commerciali, hanno contribuito a desertificare persino i rioni popolari e quelli poco distanti da strade e piazze principali.

La tendenza a concentrare gli investimenti prevalentemente nella cura delle zone centrali, trascurando l’ampia fascia suburbana, è poi stata fatale.

Gli abitanti delle periferie non sono mai stati presi troppo in considerazione, e quando hanno avuto aspettative sono sempre rimasti delusi.

Lo studio dei problemi di queste aree è una delle priorità di TS4, perché le città crescono quando le opportunità e le risorse sono distribuite su tutto il territorio, non solo nel suo nucleo.

Livio Cerneca

 

foto: Paolo Carbonaio

 

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TRIESTE È SEMPRE PIÙ VUOTA?

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Trieste (1910-2018)

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Marsiglia (1910-2018)

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Rotterdam (1910-2018)

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Genova (1910-2018)

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Livorno (1910-2018)

Quello che ci interessa nei numeri sopra riportati non è tanto la loro grandezza assoluta quanto la loro variazione nel tempo. Prendendo come riferimento alcune città costiere e portuali europee che non sono metropoli, e quindi per certi versi assimilabili a Trieste, osserviamo che nel corso del XX secolo c’è stato un incremento del numero di abitanti, mai vertiginoso, in alcuni casi sensibile, in altri più trascurabile, ma pur sempre un incremento. Nella nostra città, invece, non solo la popolazione non è cresciuta, ma è addirittura leggermente diminuita. Il primo porto in Italia per movimentazione di merci si sta spopolando.

Cosa è successo? Cos’ha frenato il pur contenuto sviluppo che altrove sembra essere stato fisiologico?

La posizione geografica, favorevolissima, è stata resa critica dalla Storia del Novecento e, insieme a scelte politiche poco avvedute e all’assenza di un progetto di sviluppo organico, ha finito col diventare penalizzante.

Il XX secolo è terminato da quasi vent’anni eppure Trieste subisce ancora i suoi effetti; invece di mettersi al lavoro per valorizzare la sua naturale collocazione di punto più a nord in cui il Mediterraneo tocca l’Europa, recuperare la tradizione mercantile e industriale, nutrire l’attitudine scientifica, continua ancora a vivere in un noioso sogno di irredentismo, guerra fredda e valzer viennesi.

Trecento anni fa fu proclamato il Porto Franco di Trieste. La corona asburgica firmò l’atto nella persona di Carlo VI, ma dietro a quell’intuizione c’era stata la pressione di funzionari illuminati, scaltri operatori di commercio, maestranze locali che fiutavano buoni affari e amministratori pronti a prendersi delle responsabilità.

Oggi abbiamo bisogno di una nuova intuizione che, ne siamo sicuri, esiste già nelle idee di molti triestini.

Il compito di TS4 è di individuarla, farla crescere e contribuire a realizzarla.

Livio Cerneca

 

foto: il mercato in Piazza della Legna, ora Piazza Goldoni, nei primi del ‘900. Collezione privata. 

 

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