Muoversi e abitare a Trieste, in maniera consapevole

Riceviamo e pubblichiamo un contributo di AIDIA Trieste, pervenutoci nel corso della raccolta di contributi per un Piano per la mobilità post-covid.

La foto, scattata nel corso di Pedala Trieste, è di Elena Venier.

Come progettisti, abbiamo perso da tempo il significato della nostra professione e del nostro ruolo, facendo prevalere quella “creatività” che si estrinseca nel gesto fine a se stesso, dove la vita del quotidiano della collettività è spesso disattesa. La disumanizzazione dell’arte di Ortega Y Gasset, estesa anche all’architettura, poiché questa è parte di tutte le arti, ha influito sulle nostre vite senza che (quasi) ce ne accorgessimo. Tanto che fino al 20 febbraio scorso si sostenevano strenuamente, senza (voler) comprenderne bene le conseguenze, teorie quali la densificazione, i flussi, la globalizzazione, e tanto altro.

Da poco più di due mesi, dopo un fermo immagine temibile e inaspettato, siamo pronti a capovolgere i principi ed a proporre altri assunti, poiché qualcosa dovrà necessariamente cambiare.

Lo stravolgimento globale e repentino non consente di avere ricette pronte; ma il Coronavirus ci ha offerto una grande opportunità, ad un prezzo altissimo, che non può essere sprecata.

Per costruire qualcosa di nuovo, sarà necessaria una riflessione profonda sul significato di spazio pubblico, inteso come la manifestazione concreta del patto tra gli uomini e guida per la sperimentazione di nuove soluzioni, anche temporanee.

Sarà necessario individuare un Piano Emergenziale che possa darci l’occasione di sperimentare luoghi e pratiche, per declinarle, solo se funzionali e comprese dalla collettività, in una situazione stabile. Il Coronavirus, in sé, va inteso come un qualcosa di temporaneo e pertanto non ci deve indurre a pensare, e di conseguenza progettare, come se il distanziamento sociale diventasse il nuovo status della vita. Al contrario deve far crescere una visione di vita comunitaria altra, più reale e vera tale da indurre ad affrontare, nel progetto di città e di spazio pubblico, anche i problemi pscicologici/patologici che questa condizione ha creato nel rapporto tra individuo e società, tra il “fuori” e il “dentro”.

In questo momento di transizione, quindi, si dovrebbe sviluppare la capacità critica della sperimentazione: nuovi percorsi, spazi, velocità e paesaggi urbani/umani; temi essenziali per affrontare realisticamente una rigenerazione, che non può essere pensata per compartimenti stagni ma che deve innanzitutto porre al centro il benessere dell’uomo e del suo abitare in comunità.

La premessa di qualsivoglia piano emergenziale per la mobilità urbana post Covid-19 è che il piano non debba essere un piano emergenziale. E’ sbagliato, anacronistico, inutile e dannoso pensare di proporre una soluzione temporanea e fugace, allestita al momento per poi essere rimossa non appena possibile. E’ invece necessario dare a ogni soluzione una direttiva/prospettiva di medio e lungo termine, ma anche far collimare le scelte progettuali odierne con le esigenze poste drammaticamente dalle emergenze climatiche in essere e in divenire, che non possono più essere ignorate. Occorre fare una scelta decisiva: o verso la direzione delle esigenze attuali/future o continuare ad andare contro il tempo.

Attualmente, per esempio, ci sono delle vere e proprie inversioni di tendenza nel settore degli investimenti. Per non proporre che pochi eclatanti esempi, basti ricordare come il Segretario delle Nazioni Unite perori con forza lo sviluppo di una economia di tipo ecologico e raccomandi di utilizzare i soldi dei contribuenti per creare posti di lavoro “green” e non più per salvare industrie obsolete e inquinanti. Oppure si pensi ai Ministri dell’Ambiente di 17 paesi europei che sollecitano una connotazione prettamente green dei piani di ripresa economica. È la medesima direzione abbracciata dal Direttore del Fondo Monetario Internazionale, così come dalla stessa International Energy Agency (IEA), che in passato era stata molto diffidente nei confronti delle energie rinnovabili e che oggi afferma, senza alcuna esitazione, la necessità di inserire la questione dell’energia pulita all’interno dei piani di governo.

La sperimentazione di un nuovo piano basato su una mobilità ciclo pedonale potrà diventare lo spazio neutrale di prova, affinché le scelte prese di volta in volta possano caratterizzarsi con una flessibilità che non preclude altre vie.

La pista ciclabile, come metafora di nuovi stili di vita, dovrà promuovere la mobilità pedonale come flusso a scala umana capace di dare nuovi significati agli spazi pubblici, riconsiderando i luoghi dell’incontro – strade, viali, piazze – come occasione di confronto e condivisione collettiva.

L’individuazione di parcheggi scambiatori auto/bicicletta, permetterà lo sviluppo anche di altri mezzi di trasporto, oltre a quello pedonale, come il monopattino, stimolando così un progressivo aumento di “zone 30” e zone interamente car-free, oltre ad una revisione globale del servizio di trasporto pubblico che dovrà ricalibrarsi su esigenze e servizi differenziati e adeguati all’ambito di funzionamento. Promuovere l’uso della bicicletta, ad esempio, potrà dare risultati efficaci se verranno individuati dei tracciati dedicati, con delimitazioni precise e protette senza interruzioni o indecisioni che potrebbero arrecare incidenti.

La delimitazione di aree park&ride potrà indubbiamente accelerare il processo dell’instaurarsi della mobilità lenta e della progressiva trasformazione delle aree urbane centrali in zone libere da automobili. Le aree park&ride, dove si potrà lasciare la propria automobile ed inforcare la propria bicicletta o una a noleggio, saranno collegate alla città con navette elettriche gratuite, in alternativa alla bicicletta. Questi parcheggi dovranno venir posizionati in punti strategici della città, come la zona Bovedo, a Campo Marzio, nel Silos di fianco la stazione ferroviaria, area Ippodromo/via Cumano, etc. La promozione dell’uso della bicicletta, normale o elettrica, sarà maggiormente efficace se saranno previsti finanziamenti adeguati affinché i cittadini possano, al di là del numero costituente il nucleo familiare, comperarle usufruendo di agevolazioni.

Le politiche di promozione della mobilità lenta potranno contribuire massivamente al potenziamento delle aree verdi urbane, aumentando la piantumazione di nuovi alberi, la dotazione di panchine e spazi giochi per bimbi, in modo da rendere più ombreggiata e ossigenata la città, e quindi maggiormente vivibile.

Una consistente riduzione del traffico automobilistico nella città potrà portare alla realizzazione di collegamenti alternativi ecologici e inclusivi, come ad esempio l’accesso al colle di san Giusto, al castello e zone limitrofe con scale mobili (come è successo ad Urbino e Perugia), per accedere più facilmente a parti di città poco frequentate, ridando così nuove prospettive di funzioni (spettacoli, etc).

Trieste è una città di mare, e sembra logico pensare di poter sviluppare un vero e proprio servizio di trasporto alternativo, quale una metropolitana marina con orari precisi e fermate frequenti, da Muggia al Villaggio del Pescatore, per accedere alle varie spiagge, stabilimenti balneari, baie, e per favorire l’accesso, di triestini e turisti, alle varie località, soprattutto nel periodo estivo, senza intasare le strade.

Crediamo nella forza propulsiva delle attuali incertezze per poter ri-formulare nuovi paradigmi capaci di modificarsi nel loro divenire senza prescindere dall’assunto fondamentale del benessere umano, che affonda le sue radici nell’abitare il pianeta in modo consapevole.

 

San Giacomo: conosciamo e cambiamo il nostro rione, passo dopo passo

La quarantena può essere anche vissuta come un momento nel quale provare a riordinare le idee: è quello che abbiamo pensato di fare a San Giacomo, proponendovi un articolo su cosa è stato fatto fino a prima dello scoppio della pandemia e su cosa vorremmo riprendere a fare una volta che sarà possibile incontrarsi nuovamente di persona. Non è stato un esercizio facile, ma pensiamo sia necessario per cogliere questo momento come un’opportunità per aprire nuove riflessioni, metterle a disposizione di tutte e tutti ed eventualmente intrecciarle con altri obiettivi e altri soggetti. 

Il futuro di San Giacomo è un lavoro di squadra!

A partire da Novembre 2019 abbiamo dato il via alle prime quattro sedute di progettazione partecipata a San Giacomo (i report si trovano qui, qui, qui e qui). Queste sono state l’inizio di un percorso che si è poi articolato in incontri successivi, coinvolgendo vecchi componenti e nuove persone residenti nel quartiere, che si sono unite a TS4 trieste secolo quarto.

Ospitati dell’associazione Nihao Panda, sempre disponibile e accogliente nei nostri confronti, ci siamo riuniti per affrontare i temi che erano emersi con più interesse e urgenza. Le sedute si erano concluse con una lista di azioni raccolte a partire dal confronto tra i partecipanti e l’osservazione della realtà stessa del quartiere, per essere poi ordinate in base alla loro possibilità di messa in pratica nel breve, medio e lungo periodo, tenendo conto degli attori che avremmo potuto coinvolgere.

Situazioni contingenti, date dall’inevitabile e indispensabile carattere sempre in trasformazione della vita rionale, ci hanno indirizzati in questa prima fase nel concentrarci sui temi, analisi e azioni che presentiamo di seguito. Tra di essi in particolare sulla mobilità sostenibile, la qualità dei servizi in chiave culturale, il rapporto del quartiere con la città, nell’individuare strumenti che possano aiutarci a comprendere il punto di vista, desideri e bisogni di chi abita San Giacomo. Come si potrà notare, oltre ai legami nati all’interno del gruppo di lavoro, in alcune occasioni precise c’è stato modo di interagire con altre realtà presenti nel quartiere e con associazioni cittadine interessate in cosa vi accade in esso, in una visione organica della città; di certo questo è un valore aggiunto e per certi versi necessario se si vogliono intraprendere processi di cambio condivisi e coerenti con la realtà che viviamo quotidianamente nel nostro rione.

 

La Ciclopedonale Cottur

Un percorso strategico

Il percorso ciclopedonale, inaugurato nel 2010, si snoda dal centro del quartiere attraverso le zone periferiche della città fino a raggiungere il confine con la Slovenia a Draga Sant’Elia, per poi continuare in territorio sloveno. Per la sua collocazione e l’uso che ne fanno i cittadini e turisti, offre diversi spunti di riflessione: dalla gestione della stessa alle sue potenzialità non ancora incrementate, dalle strutture ad ora abbandonate poste all’inizio del percorso al rapporto che potrebbe avere con il quartiere (e la città) nel suo complesso.

Essendo per l’appunto un tema articolato, nel corso degli ultimi incontri abbiamo cercato di fare luce su quali siano i dati e le conoscenze di cui effettivamente disponiamo; in questo caso, si è rivelata preziosa la collaborazione con l’associazione FIAB e in concreto con Federico Zadnich, che partecipando in prima persona ha arricchito il dialogo e offerto la possibilità di guardare alla Cottur in modo più chiaro e pragmatico.

Innanzitutto, le prime considerazioni emerse si rifanno allo stato di manutenzione generale della ciclopedonale, che in diverse zone richiederebbe ulteriori forniture, tra le quali, per iniziare dagli interventi più semplici, un numero maggiore di cestini per la spazzatura e alcune fontanelle d’acqua. 

Le casette di Via Orlandini

Uno dei nodi centrali, ad ogni modo, è stato individuato nelle casette poste all’arrivo/partenza nel rione di San Giacomo: queste si trovano in uno stato di abbandono ormai da diversi anni, suscitando una certa perplessità data la loro posizione strategica e le potenzialità che vi abbiamo letto. Se in un primo momento, confrontandoci, erano emerse idee in merito alla loro apertura in quanto sportello di informazioni, punto ristoro, un vero e proprio laboratorio di riparazione e manutenzione biciclette o degli utilizzi anche temporanei e ricreativi, abbiamo fatto un passo indietro e cercato dettagli sulla loro storia e condizione attuale, che approfondiremo in un altro articolo ad hoc sul tema.

L’accesso alla ciclabile dal centro

Come dicevamo, l’accesso alla ciclopedonale sul lato urbano si trova nel cuore del quartiere di San Giacomo. Questa evidenza, positiva per chi la frequenta abitualmente per le passeggiate e per fare sport, non è però così ovvia per chi invece vi accede in bicicletta. C’è in effetti una reale difficoltà ad imboccare la Cottur per chi proviene dal centro cittadino: in primo luogo a causa della mancanza di indicazioni dalla città e poi nel quartiere, che non consentono a chi non conosce la zona o ai turisti di trovarla facilmente. Inoltre, la viabilità non favorisce in nessun modo l’accesso alla ciclopedonale, trattandosi anzi di una zona complicata per la mobilità in bicicletta. La FIAB aveva presentato all’attuale amministrazione comunale un progetto che prevedeva un collegamento tra Campo San Giacomo e l’entrata al percorso, si trattava di un tratto di ciclabile in via Gramsci, contrario al senso di marcia delle macchine, che avrebbe permesso di accedervi in sicurezza. Il progetto, studiato e formulato sulla base di analisi dettagliate, era stato poi trasferito al Sindaco che in campagna elettorale si era assunto l’impegno di renderlo operativo. Al momento non si è ancora mosso nulla, ma condividendo alcune considerazioni sugli effetti positivi che potrebbero derivare da queste trasformazioni, forse è possibile tornare a porre l’attenzione sul tema a partire dal quartiere stesso e dalla comunicazione con gli esercenti e abitanti del rione. In effetti, l’attuazione del progetto favorirebbe l’economia del quartiere: ad esempio una maggiore e più sicura accessibilità, che faccia confluire comodamente verso il Campo, oltre a beneficiare la cittadinanza e i residenti, inviterebbe i turisti che frequentano il percorso a fermarsi e probabilmente consumare nel quartiere, incoraggiando l’economia delle attività di ristoro. 

 

La cassetta: una scialuppa da e per San Giacomo

All’interno della progettazione e del lavoro sul territorio è emersa l’idea di realizzare una “cassetta” che potesse raccogliere le proposte, le buone pratiche, i pensieri di e su San Giacomo. Non una cassetta sterile che accumuli desideri , ma uno strumento attraverso il quale ogni abitate, ma anche chi è di passaggio, possa scrivere un pensiero che racconti la sua esperienza rispetto al quartiere, per poi in una seconda fase elaborarli e renderli operativi.

Al tempo stesso la cassetta rappresenta l’esperienza di TS4 sul quartiere e in una visione più ampia, sulla città: da una nave più grande che è la città partono delle scialuppe per i vari quartieri e da questi si muovono verso la nave, in un movimento di andata e ritorno e viceversa. Uno scambio che metta in luce le plurali identità degli abitanti, l’anima dei luoghi.

L’idea dunque è quella di realizzare una cassetta-scialuppa che possa essere collocata all’interno dei negozi/botteghe del quartiere (in primis quelle intercettate durante l’intervista), all’interno della quale poter inserire dei bigliettini con i pensieri. Sarà accompagnata un piccolo testo esplicativo sulla funzione della stessa. La cassetta ruoterà ogni due settimane da negozio a negozio. Vi saranno poi altre piccole scialuppe pensate come dei messaggi in bottiglia, poste in luoghi che non sono negozi e che non ruotano necessariamente attorno a Campo San Giacomo, così da intercettare anche le persone che tendenzialmente non frequentano le botteghe di cui sopra. Il centro dell’azione è quella di poter cogliere anche “il non previsto”, ascoltare con chi non siamo riusciti a comunicare nel corso degli interventi sul quartiere fatti nei mesi scorsi.

I biglietti sui quali scrivere non saranno semplici post it. Verranno realizzate delle fotografie di luoghi abbandonati del quartiere, stampate poi su cartoncino, che verranno ritagliate in forma di puzzle. Il tutto sarà poi raccolto e restituito alla comunità attraverso il montaggio dei puzzle, quando si terrà la festa di quartiere. Vi è inoltre l’idea di voler aprire una pagina instagram sulla quale restituire anche in forma social i messaggi ricevuti.

 

ESOF a San Giacomo

TS4 assieme alla Fondazione Brovedani ha presentato domanda per svolgere un’attività all’interno di ESOF – Science in The City Festival. L’attività proposta è un itinerario tematico di scoperta all’interno del rione di San Giacomo che sviluppi i temi dell’imprenditoria e innovazione in città, partendo proprio da Osiride Brovedani, inventore della Pasta Fissan. La partenza è prevista da Campo San Giacomo di fronte alla statua di Osiride Brovedani, e prevede un percorso a piedi di 45 minuti fino alla torre del Lloyd. Il percorso toccherà le tematiche relative a innovatori e imprenditori di diverse origini che hanno contribuito allo sviluppo tecnologico e imprenditoriale della città, esplorando il concetto della science for diplomacy. Il focus del percorso tematico sarà quello dell’imprenditoria e dell’innovazione a Trieste e la relazione con le comunità. Si narreranno infatti le storie di scienziati come Ressel, Salam, Weipracth, Piccard, e del ruolo della Trieste mitteleuropea nello sviluppo della scienza e dell’innovazione. 

Il percorso sarà ripetuto per almeno 3 volte, ipoteticamente una volta a settimana, durante le settimane di Esof (che è stato spostato da luglio a settembre). L’attività sarà aperta agli abitanti del quartiere di San Giacomo, ma anche tutti i curiosi per un percorso al di fuori dei soliti schemi formali turistici e culturali. Inoltre, grazie al coinvolgimento di numerose associazioni di residenti provenienti da diversi Paesi, si prevede di avere un target multiculturale, con partecipanti delle tante appartenenze culturali che abitano e frequentano il quartiere di San Giacomo e la città tutta. 

La progettazione del percorso, degli argomenti trattati, così  come il taglio da dare, verranno condivisi con le associazioni delle comunità presenti a Trieste e in particolare nel quartiere di San Giacomo, coerentemente alle modalità partecipate e condivise che hanno sempre contraddistinto le attività di TS4. Si prevede di fare almeno uno dei 3 percorsi in inglese, e almeno un appuntamento in lingua serbo-croata. Altri percorsi in altre lingue (albanese, cinese, spagnolo…) saranno possibili in base alla disponibilità delle associazioni di comunità coinvolte nel progetto.

 

Difendiamo la Biblioteca Quarantotti Gambini

La mobilitazione contro la riduzione degli orari

L’azione che, prima della quarantena, è andata forse più avanti nella mobilitazione popolare del rione è stata quella riguardante il contrasto alla riduzione degli orari di apertura della Biblioteca Quarantotti Gambini, azione promossa insieme alla rete Campo Libero. Già durante le riunioni di progettazione nel dicembre 2019 era emersa l’esigenza di allungare gli orari di apertura della Biblioteca, sia per coprire la parte centrale della giornata, sia per chiedere l’eventuale estensione degli orari in fascia serale. 

Ciononostante, il 10 febbraio, la Biblioteca aveva ridotto della metà i suoi orari per mancanza di personale dovuta a pensionamenti. La notizia, avuta circa una settimana prima, ci ha permesso di organizzare un’assemblea pubblica affolattissima, di circa 150 persone, per il 13 febbraio, dalla quale è partita la mobilitazione, sia con l’istituzione di una mailing list sia con la pianificazione delle successive azioni. L’ampiezza e la prontezza della mobilitazione hanno spinto le autorità a reagire sia in Consiglio di circoscrizione (17 febbraio) sia in Consiglio comunale (21 febbraio), entrambi presidiati da persone ormai appartenenti all’Assemblea “Difendiamo la Quarantotti Gambini”

Piccole vittorie e soluzioni parziali

La soluzione esposta dal Consiglio comunale, che prevedeva il trasferimento di personale dalle altre aree del Comune alla Biblioteca ha segnando una piccola vittoria – senza la mobilitazione non si sarebbe ottenuto nemmeno questo – ma è stata giudicata inaccettabile dall’Assemblea. La richiesta avanzata chiedeva che questi posti fossero coperti da personale qualificato e a partire dunque da un bando di concorso per bibliotecari, considerando anche che le ultime assunzioni in questo settore risalgono al 2002. Pertanto, oltre a diramare un comunicato stampa, subito dopo la sessione del Consiglio comunale, si era deciso di indire una conferenza stampa pubblica, alla quale invitare il sindaco e gli assessori competenti per spiegare alla cittadinanza e alla stampa i motivi della chiusura ed ottenere, almeno idealmente, la promessa per l’apertura di un concorso per i bibliotecari. La conferenza stampa, originariamente indetta per il 28 febbraio è slittata a causa dello stato d’emergenza e la stessa mobilitazione è rimasta sospesa. Erano previste azioni di volantinaggio e attacchinaggio durante la quarantena con citazioni da libri, ma si sono riscontrate difficoltà anche su questo piano. Probabilmente, in questa fase di riapertura graduale di alcuni servizi, potremmo riprendere la questione, almeno mettendo in luce e aprendo dialoghi sulla gestione da parte delle Istituzioni comunali di servizi così essenziali come la Biblioteca, polo culturale e sociale del quartiere.

 

Altre azioni

Il gruppo TS4 San Giacomo aveva inoltre preparato un volantino pieghevole con alcuni dei risultati della fase della progettazione nel rione ad ora in attesa di essere stampato in diverse copie. Alla stampa del volantino seguirà l’azione di consegna e quindi di restituzione dei risultati presso i commercianti e della raccolta di adesioni per le azioni riguardanti la Cotttur (v. sopra) e per una possibile rete tra i commercianti.